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Ambiti operativi e profili di interesse

L’impiego dell’Istituto del Trust nel nostro ordinamento nazionale

1. Premessa

Oggetto della presente, sintetica, trattazione è quello di richiamare l’attualità e la flessibilità dell’istituto del Trust, finalizzato ai diversi scopi consentiti dall’ordinamento nazionale. Guardato con sospetto anche da consulenti legali e commerciali, che sovente non ne hanno nemmeno sentito parlare, un sempre maggior confronto e scambio con i mercati internazionali, una sempre più diffusa cultura economica e giuridica tra gli imprenditori, e l’evidente plasticità dell’istituto rispetto ad analoghe figure giuridiche tipiche del nostro ordinamento, sembravano aver finalmente “sdoganato” il trust, rendendolo particolarmente appetibile per chi cercasse un utile strumento di difesa del suo patrimonio, in considerazione di un regime fiscale di assolutamente vantaggio.

Più per motivi di carattere psicologico e per poca conoscenza della materia, che per concreti motivi tecnici, permangono perplessità e ritrosie, a confutare la difficoltà di molti a ricorrere a questo particolare strumento. Con la presente trattazione, si intende fornire qualche chiarimento ed evidenziare la sussistenza di validissime ragioni operative, economiche e giuridiche, per incominciare a guardare con fiducia a questo apprezzabilissimo strumento di gestione patrimoniale. Pertanto, una legislazione nazionale specifica sul trust non esiste. Tuttavia, il nostro ordinamento consente, in assenza di una legislazione italiana in materia di regolare rapporti fra italiani secondo una legge straniera. I trust interni, quindi, sono rapporti giuridici riguardanti soggetti e beni italiani che si avvalgono delle norme delle leggi che da secoli hanno a che fare con i trust.

In ogni caso, la peculiarità dell’istituto, nonostante la sua relativa accettazione nel nostro Paese, si manifesta sicuramente più performante, se confrontata con altri modelli giuridici offerti dall’ordinamento nazionale. Infatti, si intende dimostrare come, sovente la scelta di istituire un Trust sia basata sulla constatazione che tale strumento giuridico sia spesso l’unico nel nostro ordinamento giuridico che consente in modo efficace e completo di realizzare determinati scopi meritevoli di tutela da parte del nostro ordinamento.

2. Generali sul tema del Trust

Il trust è un antico strumento giuridico di origine anglosassone, creato per proteggere beni o diritti quando questi siano destinati ad uno scopo o siano riservati ad uno o più beneficiari. La mancanza, nel diritto civile italiano, di un sistema di norme che regolamentino l’istituto, non ha comunque ostacolato il suo impiego anche nel nostro paese, e trova attuale legittimazione nell’ordinamento giuridico nazionale a seguito dell’adesione dell’Italia alla Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985, resa esecutiva ed in vigore dal 1o gennaio 1992 con legge 16 ottobre 1989 n. 364.

Per effetto dell’istituto, Il proprietario originale, detto Disponente o Settlor, trasferisce la proprietà di tutti o alcuni suoi beni ad un Amministratore, detto Truste e, il quale a sua volta li gestisce con i diritti ed i poteri di un vero proprietario nell’interesse di uno o più Beneficiarie/o per la realizzazione di uno scopo specifico. Sopra di essi, opera una figura di garanzia sulla corretta realizzazione dello scopo del trust, vale a dire il Protector.

La principale caratteristica del Trust è la segregazione patrimoniale, in virtù della quale, i beni che si vogliono vincolare in Trust non sono più di proprietà del Disponente, ma diventano di proprietà del Trust e, pur non facendo parte del patrimonio personale di quest’ultimo, in termini assoluti, ovvero, fino a quando non sia stato realizzato lo scopo per cui il trust è stato costituito.

Il risultato più concreto del ricorso al trust è rappresentato dal fatto che i terzi creditori del disponente non possono aggredire i beni oggetto del Trust affidati al Trustee, poiché gli stessi sono sottoposti ad un “vincolo di destinazione”, rappresentato dallo scopo del Trust deciso dal Disponente nell’atto di costituzione del Trust, e ad un “vincolo di separazione”: i beni diventano di proprietà del Trustee ma non si “confondono” con i beni personali di proprietà del Trustee stesso (per esempio, se egli muore o fallisce, i beni del Trust di cui egli è proprietario non cadono in successione, né per altro verso entrano nella massa fallimentare)¹.

L’istituto del trust ha origini anglosassoni ed è stato recepito nel nostro ordinamento nazionale², solamente nel 1992, e si sostanzia in un atto dispositivo con il quale si conferisce al trasferimento della proprietà a terzi, una funzione nuova, specifica e peculiare, quella di essere destinata alla realizzazione di uno scopo, in vista del quale la gestione e utilizzo del bene sono vincolati. Il trust non è una persona giuridica terza, rispetto gli attori dello strumento, ma un negozio giuridico di destinazione patrimoniale³.

L’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale che ne è seguita, ha confermato la piena legittimità dell’istituzione, del c.d. Trust domestico, disposti dai cittadini italiani sul territorio nazionale italiano. Si tratta di Trust caratterizzati dal fatto che il disponente, i beneficiari, il Trustee ed i beni conferiti in Trust sono italiani, mentre la legge regolatrice è quella di uno dei numerosi Stati stranieri che disciplinano il Trust. Ciò non toglie la possibilità che soggetti italiani, residenti, possano costituire trust all’estero, in ragione delle normative che disciplinano l’istituto nel paese ospitante il trust stesso.

Lo schema negoziale tipico del Trust si costituisce sulla base di diversi momenti, il primo dei quali è rappresentato dal trasferimento della proprietà di un bene da parte del disponente ad altro soggetto (trustee) cui i beni vengono formalmente intestati, e che ha il compito di amministrare e gestire il patrimonio trasferito, al fine di perseguire uno scopo, individuato previamente dal Settlor.In questo primo momento, quindi, si realizza un negozio attributivo/traslativo, mediante il quale il disponente trasferisce i beni oggetto del trust, al trustee.

Infatti, il secondo negozio è, invece, quello a carattere istitutivo, avendo la funzione di istituire il trustee  quale amministratore e gestore del patrimonio a lui trasferito. Il suo mandato dovrà espletarsi secondo le modalità e i limiti e nel perseguimento degli scopi indicati dal Settlor. Ovviamente ne deriva che l’unico soggetto legittimato ad agire e a contraddire in giudizio per il Trust, sia il trustee, titolare dei rapporti giuridici, soggetto da ritenersi ben distinto dal beneficiario, con il quale, nel nostro ordinamento, non può assolutamente coincidere. Nel nostro ordinamento sono state poste eccezioni da parte dell’Agenzia delle Entrate a che il disponente possa coincidere con il trustee, l’amministratore dei beni, come avviene invece ampiamente nel mondo anglosassone. Dal punto di vista istituzionale, non si ravvisano preclusioni nelle fonti internazionali e nella prassi internazionale, mala prevalente giurisprudenza di legittimità nostrana, ha escluso tale possibilità, intravedendo abusi del diritto.

3. Funzioni fondamentali del Trust

Per quanto fin qui dettolo scopo di un trust è rivolto a creare una segregazione patrimoniale dei beni, inseriti nel portafoglio dell’istituto, finalizzata all’esclusivo soddisfacimento di crediti, determinati e mirati al raggiungimento di uno scopo determinato e dichiarato. Figurativamente il Trust è assimilabile ad una solida “cassaforte giuridica” nella quale colui che istituisce il Trust (il Disponente) conferisce qualsiasi bene o diritto, al fine di proteggerlo da eventuali, future vicende personali o dall’azione di terzi che ne possano impedire l’utilizzo per il fine o per i soggetti prescelti dal Disponente. Modellare un trust in grado di soddisfare un interesse specifico significa individuare le “regole” più idonee allo scopo: esse sono quelle volute dal disponente nel quadro normativo di riferimento.

Da un trust valido conseguono necessariamente caratteristici effetti: separazione e protezione del patrimonio, intestazione all’amministratore, gestione fiduciaria vincolata e responsabilizzata dei beni.

L’aspetto più significativo del trust è rappresentato proprio dalla capacità di segregazione patrimoniale, che costituisce l’elemento caratterizzante di questo schema negoziale, che assunto nelle strutture architettoniche del nostro ordinamento, ha costituito, inizialmente, non poche problematiche attuative, in considerazione delle inferenze generate dall’applicazione di altri principi generali del nostro sistema giuridico tradizionale.

In ogni caso, la conseguenza più importante di un simile stato di fatto è che, qualunque vicenda personale e patrimoniale che colpisca i soggetti conferenti i beni nel trust, non potrà mai coinvolgere la destinazione dei beni in trust, che non potranno, essere, in modo assoluto, aggrediti dai loro creditori personali e nemmeno subire gli effetti di un eventuale fallimento del trustee, del disponente o dei beneficiari. Pertanto, si può considerare figurativamente che i beni costituiti i trust siano “blindati” in una cassaforte ideale, derivante dal fatto che i beni sottoposti al vincolo di destinazione, in quanto destinati al raggiungimento di un determinato scopo prefissato dal disponente nell’atto istitutivo, soggiacciono, altresì ad un ulteriore vincolo di separazione, che non può essere intaccato dai creditori del Conferente.

Pertanto, l’oggetto del Trust può, quindi, riguardare, oltre che beni immobili o mobili, anche titoli di credito. Tuttavia, per la costituzione di un modello che raggiunga il suo obiettivo, occorre si realizzino i presupposti, ovvero, le condizioni preliminare ed imprescindibile affinché il Trust possa svolgere la sua funzione protettiva. Pertanto, in premessa occorre che colui che intenda istituire un Trust:

  • non abbia pregresse situazioni di debito patologiche;

  • attui un effettivo affidamento al Trustee;
  • persegua solo leciti interessi.

Considerati i termini disciplinanti la materia, nel nostro ordinamento e le numerose preclusioni e limiti attuativi, imposte, più dalla giurisprudenza di merito che dalla legge, e da una discutibile interpretazione prodotta dalla regolamentazione dell’Agenzia delle Entrate, il Trust domestico (detto anche trust interno), a cui legittimante un cittadino italiano può ricorrere, è comunque lo strumento giuridico, che meno si presta a conseguire scopi illeciti, rivelandosi uno strumento efficace e sicuro.

4. Le figure costituenti il rapporto fiduciario del Trust

La struttura tipo del trust è la seguente: un rapporto fiduciario in virtù del quale un dato soggetto, denominato trustee, al quale sono attribuiti i diritti e i doveri di un vero e proprio proprietario, gestisce un patrimonio che gli è stato trasmesso da un altro soggetto, denominato Settlor o disponente, per uno scopo prestabilito o un fine, purché lecito e non contrario all’ordine pubblico, nell’interesse di uno o più beneficiari.

Normalmente il disponente, una volta istituito il trust, esce di scena. In realtà, nella dinamica propria di Common law, non è esclusa la previsione, mediante l’apposizione di specifiche clausole negoziali, di un suo circoscritto intervento nel tempo e ne i termini della direzione del trust. Attraverso le c.d. letters of wishes gli è consentito dare indicazioni in merito ai singoli atti di gestione o amministrazione. Invero, in alcuni ordinamenti giuridici stranieri, non è esclusa la possibilità che sui beni del trust, purché nella gestione siano assicurata la segregazione, il trustee ed il settlor, coincidano nella stessa persona fisica. Nel nostro ordinamento, invece, la suddetta situazione, consegue l’effetto irrimediabile di rendere nullo l’atto di trust. Uguali particolarità sussistono nella coincidenza del Conferente con il Beneficiario.

Pertanto, riassumendo le figure richiamate dal negozio, annoveriamo:

  • Disponente (Persona fisica o giuridica) che istituisce il trust e normalmente conferisce in esso i beni che costituiscono il fondo del Trust. Nella prassi il/i disponente/i operano un conferimento irrevocabile, cosicché i beni confluiscono nel fondo in via definitiva, uscendo dalla disponibilità materiale e giuridica (salvo riserve di usufrutto, possesso, etc.).

  • Trustee può essere, come visto, una persona fisica, un professionista di fiducia del settlor, o anche una persona giuridica, come ad esempio un fondo pensione, in tutto il vero amministratore del Trust. I beni conferiti entrano nel suo patrimonio “separato”, rispetto quello personale. Pertanto, si può sostenere che il trustee è colui che, in forza dell’atto istitutivo, diviene il solo e legittimo proprietario dei beni in trust e in ragione di tale qualifica dovrà attenersi scrupolosamente a quanto stabilito nell’atto istitutivo stesso.

  • Il controllo sull’operato del trustee  è esercitato da soggetti diversi dal disponente (Protector,) così da scongiurare il rischio che il trust possa essere considerato simulato e quindi nullo, giacché in molte legislazioni il potere del disponente sul trust istituito è vincolato alla lettera del contratto di trust. Pertanto è molto importante non sottovalutare l’aspetto, potendo rimuovere, ad nutum, il trustee ritenuto infedele od inaffidabile, ovvero se richiamati in contratto di trust, è titolare di poteri straordinari come la sostituzione del trustee o l’imposizione dello spostamento della sede operativa da un luogo ad un altro, ove necessario per ottimizzare il risultato a favore dei beneficiari.

  • Beneficiary che può essere una persona fisica o giuridica, un insieme di soggetti determinati anche genericamente e/o non ancora esistenti al momento della costituzione del trust, come spesso avviene nei trust costituiti a scopo benefico (es.: “i nipoti e pronipoti”; “i poveri del villaggio X”; “la biblioteca comunale di…”).

L’atto costitutivo del trust disciplina gli obblighi e i diritti del trustee e, in caso di pluralità di trustee, i modi di soluzione delle controversie.

5. Ambito d’impiego e finalità più frequenti di ricorso al Trust

L’effetto principale e connaturato al trust è il c.d. “effetto segregativo”, che determina la separazione dei beni conferiti dal patrimonio sia del disponente sia del trustee; da ciò discende che i beni conferiti non possono formare oggetto di azioni esecutive e/o cautelari, da parte né dei creditori particolari del disponente né dei creditori del trustee; fermi restando i limiti di cui agli artt. 2901 ss. e (ora) dell’art. 2929-bisc.c.I vantaggi derivanti dall’impiego di un opportuno contratto di trust, appaiono ancor più evidenti, se esaminati con riferimento alla flessibilità dell’istituto rispetto agli strumenti tradizionali del diritto italiano, nonché ai possibili vantaggi economici. Per questo motivo, in alternativa a soluzioni classiche del nostro Ordinamento, il trust è idoneo a realizzare una vasta molteplicità di scopi. Va considerato il fatto che la riservatezza propria dell’istituto si può estendere anche e soprattutto alle disposizioni contenute nel contratto, motivo che lo rende ancor più appetibile. Inoltre, le disposizioni contenute nel trust possono essere riservate, e questo può essere un ottimo motivo per la sua creazione; la riservatezza è riferita prevalentemente ai trust c.d. “opachi”.

Pertanto, tra gli usi più frequenti vi sono quelli motivati da:

  • protezione dei beni personali o dell’azienda: spesso il trust viene istituito a protezione di beni immobili; per esso non è infatti infrequente l’uso del termine “blindatura patrimoniale”. Una delle caratteristiche più apprezzate del trust è infatti la segregazione del patrimonio conferito cosicché esso risulterà insensibile ad ogni evento pregiudizievole che coinvolge personalmente uno o più soggetti protagonisti del trust. Per questa sua utilissima caratteristica il trust viene sempre di più impiegato per separare e proteggere il patrimonio personale da quello aziendale o per tutelare tutti quei soggetti il cui patrimonio può essere compromesso da attività professionali rischiose (medici, avvocati, funzionari, ecc.) o, semplicemente, da comportamenti personali avventati (gioco d’azzardo, uso di droghe e alcool, ecc.);

  • riservatezza delle scelte economiche e finanziarie di un preciso patrimonio: le disposizioni contenute nel trust possono essere riservate, e questo può essere un motivo sufficiente per la sua creazione; la riservatezza è riferita prevalentemente ai trust cd. ‘opachi’, dove il trust può rappresentare un ottimo strumento di controllo di enti e società(di norma è impiegato all’estero in attività di ingegneria fiscale);

  • tutela dei minori e dei soggetti diversamente abili: spesso, come visto, le disposizioni testamentarie prevedono che i minori abbiano un godimento limitato dei beni fino alla maggiore età o che i soggetti diversamente abili possano godere dei beni in trust senza esserne pieni proprietari;

  • tutela del patrimonio per finalità successorie: di frequente un trust viene costituito allo scopo di tutelare un patrimonio nel passaggio generazionale (anche aziendale) o dallo sperpero ad opera di soggetti incapaci di amministrarlo, dediti al gioco o affetti da eccessiva prodigalità;

  • beneficenza: in molti ordinamenti di common law gli enti di beneficenza debbono essere costituiti in forma di trust;

  • forme di investimenti e pensionistiche: i piani di investimento pensionistici ed i fondi comuni sono derivazione dei trust fund anglosassoni;

  • vantaggi di natura fiscale: un trust può dare vantaggi fiscali. Se il risparmio di imposta è l’unico motivo che ha spinto ad istituire un trust, può essere considerato illegittimo e sanzionato. Come qualsiasi istituto giuridico, l’uso elusivo od evasivo è contrario alle norme di legge e sanzionato.

Nella premessa che tutti i beni sia mobili che immobili e tutti i diritti reali attribuibili, a titolo di proprietà, a persone fisiche e/o giuridiche posso essere conferite in un trust (ad es. immobili personali o strumentali all’esercizio d’impresa, arredi, automezzi, imbarcazioni, titolo di credito, azioni, quote di società immobiliari, gioielli, opere d’arte, opere dell’ingegno, conti bancari, somme di denaro, ed altri valori mobiliari), il suo scopo di “garanzia” sarà rivolto a realizzare una “segregazione patrimoniale” di tali beni finalizzata al soddisfacimento di crediti determinati. Infatti il portafoglio venuto a costituirsi sarà opportunamente amministrato dal Trustee secondo un programma prestabilito, volto alla conservazione ed accrescimento del patrimonio, fino al termine convenuto, ove si realizzeranno alternativamente le due condizioni sospensive, per come già descritte. In caso di inadempimento del Trustee verso il beneficiario, per i debiti riconosciuti in atto costitutivo del trust, il trustee stesso provvederà ad alienare il bene non secondo il valore di mercato, bensì perseguendo il maggior ricavo possibile e allo scopo di liquidare il debito attestato in atto di trust, a favore dell’avente titolo. La funzione di garanzia è facilmente esercitata in trasparenza, rapidità dell’esecuzione nell’ovvia tutela di entrambe le parti del rapporto. L’evidente efficienza e validità dell’istituto adottato a scopo di garanzia lo rende sicuramente preferibile agli altri istituti offerti dalla normativa nazionale.

Possono essere oggetto di conferimento: case – auto – barche, aziende, società etc… Infatti alcune delle finalità perseguite dai Trust interni fanno parte di tre grandi esigenze:

  • in ambito familiare: mantenimento del patrimonio della famiglia unito nel tempo; tutela dei figli minori in costanza di separazione o divorzio; sostegno economico ai figli che si sposano; assistenza a soggetti handicappati, deboli, malati; adempimento di obblighi morali;

  • In ambito di controllo finanziario/commerciale: quale strumento di controllo di un gruppo industriale; per la gestione di patti di sindacato; gestione di operazioni di investimento congiunto in una società; nella costituzione di garanzie per i creditori; per l’alienazione di beni gravati da pesi; al fine di realizzare l’incasso di crediti e la loro distribuzione.

  • charitable trusts, in alternativa alle Fondazioni: la disciplina in materia di amministrazione e organi delle fondazioni, contenuta nel codice civile, è estremamente laconica. Il codice, infatti, si limita a stabilire che gli amministratori sono responsabili verso l’ente secondo le norme del mandato, esentando, però, da responsabilità quelli che non hanno partecipato all’atto causativo del danno, salvo il caso in cui, essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere, non abbiano fatto constare il loro dissenso. I beni intestati ad una Fondazione, diventano di proprietà della Fondazione, quelli conferiti in un trust, al “trustee”, con possibilità di rientro in capo al settlor. Unico organo necessario della fondazione è, dunque, l’organo di amministrazione; mancando l’assemblea, prevista invece per le associazioni, si possano concentrare in esso tutti i poteri. Il codice nulla dice circa la sua composizione: potrebbe, quindi, essere anche un organo monocratico, sebbene normalmente sia collegiale (variamente denominato: frequentemente consiglio di amministrazione ma negli statuti si trova anche consiglio dei garanti, consiglio direttivo, consiglio di fondazione ecc.). Lo statuto può stabilire liberamente le modalità di nomina degli amministratori e la loro durata in carica, che può anche essere vitalizia. Spesso il fondatore, se vivente, si riserva il potere di nominare una parte degli amministratori o la presidenza dell’organo amministrativo; va osservato che, se ciò non avviene, il fondatore non è di per sé organo della fondazione. La nomina degli amministratori, oltre che al fondatore, può essere attribuita a soggetti terzi o allo stesso organo di amministrazione per cooptazione. Di solito la rappresentanza dell’ente verso l’esterno è attribuita al presidente dell’organo di amministrazione; in ogni caso le limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal registro delle persone giuridiche, non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi che ne erano a conoscenza. Sempre al presidente, che può essere affiancato da uno o più vicepresidenti, è solitamente attribuito il compito di curare l’attuazione delle deliberazioni dell’organo di amministrazione, avvalendosi del personale posto alle sue dipendenze. La revocabilità dei beni nella fondazione è sempre possibile nei termini previsti dal codice civile. La revocabilità dei beni al patrimonio del settlor, è stabilita dal contratto (nel trust irrevocabile su scelta del settlor).

Per la “famiglia tradizionale” il Trust sopperisce ai limiti dell’istituto del Fondo Patrimoniale in quanto offre un effetto segregativo di portata generale e di durata nel tempo, a prescindere dalla permanenza del vincolo del matrimonio. Per la moderna “famiglia allargata” frutto di più matrimoni, composta da più soggetti diversi, il Trust consente di:

  • contemperare gli interessi dei vari soggetti componenti la famiglia allargata, scongiurando rapporti conflittuali tra essi;

  • soddisfare ogni soggetto, grazie alla programmabilità e flessibilità propria del Trust.

Il Trust è applicato con successo sia nel momento che precede la procedura di separazione o divorzio, sia nel successivo momento quale strumento di garanzia dell’obbligo di mantenimento di un coniuge attribuito a carico dell’altro dal giudice o frutto di accordo tra le parti.

Il Trust offre soluzione a tutela dei rapporti interpersonali tra gli individui, per i quali il nostro ordinamento non offre adeguate garanzie, come nel caso:

  • delle coppie di fatto, costituite da soggetti che non vogliono o non possono contrarre matrimonio; per queste coppie il Trust tutela il soggetto economicamente più debole e costituisce al contempo una forma di assistenza economica e personale per i membri della coppia di fatto;

  • di figli non riconosciuti;

  • al fine di adempiere ad obblighi di coscienza o per dimostrare riconoscenza ad un’altra persona.

Il Trust, a protezione della discendenza della famiglia, consente agli ascendenti di provvedere ai bisogni della famiglia che è stata creata dai figli qualora venga a trovarsi in stato di necessità. Con il Trust i nonni potranno provvedere a dette necessità, senza però concedere la disponibilità di beni e somme che potrebbero essere apprese da terzi creditori o da coniugi immeritevoli dei loro figli, o sperperate dai nipoti. Tutto ciò sarà garantito e i beni saranno protetti dal Trust durante la vita dei nonni ed anche dopo la loro morte.

6. Alternativa al negozio fiduciario

Per quanto fin qui detto, appare evidente la natura specifica dell’istituto, che sebbene in alcuni casi potrebbe richiamare strutture e funzioni del negozio fiduciario, in realtà si configura nel nostro ordinamento con caratteristiche distinte e proprie e con diversa elasticità di impiego. La società fiduciaria pur divenendo proprietaria dei beni conferiti, esercita il suo mandato nell’interesse del fiduciante, con riferimento diretto ai diritti di gestione e godimento che competono ad esso. Infatti, la società fiduciaria, ottenuto il trasferimento formale della proprietà delle partecipazioni con iscrizione del proprio nominativo a registro imprese e/o libro soci, partecipa alle assemblee, riceve i dividendi, effettua operazioni sul capitale, in nome proprio, a per conto del fiduciante. Infatti, la società fiduciaria può ricevere, a titolo di indirizzo gestionale, specifiche istruzioni, vincolanti, pervenute dallo stesso.
Con il contratto fiduciario, pertanto, la proprietà sostanziale sulla cosa in capo ad un soggetto (fiduciante) è esercitata da parte di altro soggetto (fiduciario).

Ne deriva, come principale delle differenze, il fatto che il patrimonio conferito in fiduciaria è comunque legato alla responsabilità verso terzi del fiduciante, che ne risponde, sebbene con precisi regimi protocollari, anche con il suo patrimonio personale.
Diversamente avviene per l’istituto del Trust. Come già detto, costituendo il Trust, il soggetto disponente trasferisce la proprietà ad un altro soggetto (trustee) affinché questi amministri il bene/patrimonio secondo principi predeterminati in favore di soggetti terzi (beneficiari), avendosi ad operare una segregazione assoluta tra il patrimonio conferito al trust dal disponente ed il rimanente suo patrimoni, con l’ovvia conseguenza che quanto conferito al Trust non è aggredibile dai creditori particolari del disponente.
Giacché, la principale differenza sostanziale fra Trust è rapporto fiduciario è posta nel fatto che in quest’ultimo caso, pur costituendo una proprietà formale in capo al fiduciario, permangono le titolarità della proprietà sostanziale in capo al fiduciante, mentre nel Trust ogni effetto traslativo della proprietà si traduce nella completa estraneazione del conferente al patrimonio segregato, sovente i creditori del disponente tentano di aggredire il patrimonio conferito in Trust cercando di dimostrare un contratto simulato. Ovvero, si cerca di sostenere che in realtà è stato istituito un contratto fiduciario, e pertanto, gli effetti traslativi della proprietà sono solamente fittizi.
Da un punto di vista operativo, ne consegue l’importanza dal disponente i Trust non pervengano, in termini assoluti, direttive gestionali al Truste e, per come previsto dalla natura dell’istituto, nel quale quest’ultimo è sempre libero di amministrare il bene, con il solo eventuale vincolo apposto dal regolamento del Trust, sottoposto alla vigilanza del Protector.
È bene ricordare infatti che, con l’istituzione del Trust le indicazioni che il disponente rivolge al Trust e e non sono per quest’ultimo vincolanti, mentre nel rapporto fiduciario, le indicazioni che quest’ultimo rivolge al fiduciario lo sono in termini perentori.

7. Conclusioni

Per quanto fin qui detto, appare, quindi, evidente che il trust si presenti come un abito sartoriale, calato sull’esigenza del conferente. Il consulente aiuta in disponente a delineare il trust a lui più congeniale, confezionando l’istituto come un abito sartoriale, alla luce delle esigenze del cliente. Questo studio, assiste la clientela nella predisposizione del documento di trust e assicura servizio di Protector e, in casi particolari, di Trustee.

Dott. Paolo Cianciotta
Business Advisor & Trust Asset Manager


¹ Cassazione Civile, la n. 3456/15, «il trust non èun ente dotato di personalitàgiuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che èl’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto”, per cui “l’effetto proprio del trust non èquello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito»

² L’istituto del Trust ha ricevuto formale riconoscimento nel nostro ordinamento attraverso l’emanazione della legge 16 ottobre 1989,n. 364 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992) che ha recepito la Convenzione dell’Aja del 1985. La Convenzione dell’Aja all’articolo 11 sancisce il riconoscimento del trust costituito in conformitàad una legge specifica. L’articolo 13 attribuisce il potere, allo Stato che dovrebbe provvedere al riconoscimento, di rifiutarlo se gli elementi costitutivi del trust, all’infuori della legge regolatrice richiamata, rimandano ad un diverso ordinamento che non conosca l’istituto. Ovviamente, la legge regolatrice del trust deve essere necessariamente straniera, stante la mancanza nell’ordinamento italiano di norme disciplinanti la specifica materia.

³ L’istituto del Trust ha ricevuto formale riconoscimento nel nostro ordinamento attraverso l’emanazione della legge 16 ottobre1989, n. 364 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992) che ha recepito la Convenzione dell’Aja del 1985. La Convenzione dell’Aja all’articolo 11 sancisce il riconoscimento del trust costituito in conformitàad una legge specifica. L’articolo 13 attribuisce il potere, allo Stato che dovrebbe provvedere al riconoscimento, di rifiutarlo se gli elementi costitutivi del trust, all’infuori della legge regolatrice richiamata, rimandano ad un diverso ordinamento che non conosca l’istituto. Ovviamente, la legge regolatrice del trust deve essere necessariamente straniera, stante la mancanza nell’ordinamento italiano di normedisciplinanti la specifica materia. quale, pertanto, disponendo in viaesclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato, èl’unico soggetto legittimato a farli valere nei rapporti con i terzi, anche in giudizio”.

L’art. 8 della legge 363/89 specifica agli articoli 6 e 7 le regole preposte alla validità del trust, ai fini della sua interpretazione, dei suoi effetti e dell’amministrazione. In particolare, la legge dovrà regolamentare: a) la nomina, le dimissioni e la revoca del trustee, la capacità particolare di esercitare le mansioni di trustee e la trasmissione delle funzioni di trustee; d) i diritti e gli obblighi dei trustee tra di loro; c) il diritto del trustee di delegare, in tutto o in parte, l’esecuzione dei suoi obblighi o l’esercizio dei suoi poteri; d) i poteri del trustee di amministrare o disporre dei beni del trust, di darli in garanzia e di acquisire nuovi beni; e) i poteri del trustee di effettuare investimenti.

L’art. 2 della Convenzione dell’Aja recita testualmente: “Ai fini della presente Convenzione, per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente, con atto tra vivi, o mortis causa, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”.

Con riguardo alla natura giuridica del conferimento dei beni che vengono trasferiti dal Settlor al trustee, in base ad un programma specifico e con l’intento di vincolarli al soddisfacimento di un fine predeterminato, l’effetto traslativo del negozio conferirebbe la proprietà formale dei beni al trustee, mentre quella sostanziale, secondo le regole dell’equity sarebbe da riconoscere al beneficiario.

A riguardo Cassazione Civile, Sez. 3, Sentenza n. 19376 del 03/08/2017 secondo cui: “L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee; conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi”.

I riferimenti sono contenuti in Circolare n. 48/E del 6 agosto 2007 e Circolare 61/E 27 dicembre 2010.

Riferimento espresso nell’art. 11, comma II, lett. a, b, c, d, Convenzione dell’Aja.